Iva sulle donazioni. Ecco a cosa rinunciano le associazioni

La denuncia dell’Istituto italiano della donazione in risposta alla campagna #NoProfitNoIva avviata dal Corriere della Sera nei giorni scorsi. “Se i soci dell’istituto non avessero dovuto pagare l’Iva avrebbero potuto fare molto di più, a beneficio di tutti”. ROMA – “L’abolizione dell’Iva per il non profit sarebbe un provvedimento prezioso per tutto il terzo settore”. Questo l’appello lanciano dall’Istituto italiano della Donazione (Iid) rispondendo alla denuncia lanciata sulla stampa riguardo l’eccessiva tassazione sulle donazioni. “Se i soci Iid non avessero dovuto pagare l’Iva avrebbero potuto fare molto di più, a beneficio di tutti. La legge delega per la riforma del Terzo settore contiene al suo interno l’impegno di rivedere le norme fiscali, ci si augura quindi che si arrivi ad una soluzione in tempi brevi”. Ma quanto impatta realmente l’Iva sui bilanci della associazioni? A portare un esempio è Paolo Palmerini, direttore operativo del Centro italiano aiuti all’infanzia. “Sul nostro bilancio 2013 una cifra tra 80 mila e 100 mila euro dei contributi ricevuti è stata versata per l’Iva – spiega Palmerini -. Con questi soldi sarebbe stato possibile dare un sostegno a distanza a 300 bambini per un anno, incrementando così del 5-10 per cento il numero di beneficiari dei nostri interventi. Per noi, e soprattutto per quei 300 bambini, sarebbe stata una bella differenza”. Sulla stessa lunghezza d’onda Antonio Crinò, direttore generale di Ai.Bi. – Amici dei Bambini: “Pagare l’Iva non trova nessuna rispondenza logica ed è totalmente ingiusto. Il valore dell’imposta annuo di Ai.Bi è di circa 1,2 milioni di euro, una cifra che consentirebbe di accogliere 95 minori stranieri non accompagnati presso la nostra casa di accoglienza in Sicilia per un anno”. Per Silvio Galvano, direttore esecutivo di Compassion Italia Onlus, con le risorse utilizzate per pagare l’Iva si sarebbe potuto aprire un intero centro di sviluppo infantile. “Sulle donazioni ricevute durante il 2013, abbiamo versato allo Stato Italiano circa 63 mila euro per il pagamento dell’Iva – spiega -. Senza questa imposta avremmo potuto aprire un intero centro di sviluppo infantile in uno dei Paesi in cui operiamo e garantire a 210 bambini aiuto allo studio, cibo, cure mediche e supporto dei nostri operatori locali per un anno intero. Avremmo potuto fare molto di più per ognuno di questi 210 piccoli e per i loro familiari”. Altra testimonianza, quella di Michelangelo Carozzi, responsabile raccolta fondi Fondazione Ivo de Carneri Onlus: “Siamo da sempre convinti che la semplificazione delle misure fiscali renderebbe ancora più efficace il nostro lavoro, a vantaggio di popolazioni emarginate nel mondo. È con molto piacere quindi che la Fondazione aderisce alla campagna #NoProfitNoIva iniziata dal Corriere della Sera nei giorni scorsi, con la speranza che il Terzo settore venga sempre più realmente percepito come un attore fondamentale per il progresso sociale e morale del nostro Paese”. Il problema si presenta ancor più urgente per le realtà che si occupano di ricerca scientifica. “Basti pensare che l’acquisto di un sequenziatore di Dna per il nostro laboratorio di ricerca  ci porta a pagare un’Iva di 44 mila euro – dichiara Sara Costa, presidente dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma –, cifra con la quale riusciremmo ad assicurare il contratto di un anno ad un oncologo clinico”. Mentre per Carla Garbagnati, presidente Gils, Gruppo italiano lotta alla sclerodermia da oltre 4 anni impegnata contro l’innalzamento dell’Iva: “Se non fossimo più costretti a pagarla potremmo investire di più in ricerca scientifica, in sostegno psicologico a malati e alle loro famiglie nonché in attrezzature scientifiche per la diagnosi precoce da donare agli ospedali”. fonte www.redattoresociale.it

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