Donazioni al non profit: reggono solo quelle in ambito sanitario

Il non profit sta pagando un prezzo molto alto a causa del Coronavirus: nei primi mesi dell’anno raccolte fondi in picchiata per gli enti di terzo settore, una crisi che si accanisce soprattutto sulla cooperazione internazionale. L’unico settore in controtendenza ovviamente è quello delle donazioni in ambito sanitario e a favore delle comunità.
A darne notizia l’Istituto italiano della donazione (IID) che oggi ha presentato in una conferenza stampa online, i risultati del monitoraggio #Ildonononsiferma sull’andamento delle raccolte fondi degli enti non profit in Italia nel primo trimestre 2020, caratterizzato proprio dall’emergenza Covid-19.
I dati riguardano un campione non statistico di 130 organizzazioni che hanno risposto in meno di due settimane al questionario online lanciato dall’istituto. Quasi il 90 per cento degli enti coinvolti dichiara un impatto negativo sulle raccolte fondi; il 40 per cento denuncia un calo superiore al 50 per cento, per arrivare a una punta dell’11 per cento che lamenta una contrazione del 100 per cento.
Tra gli enti più penalizzati la cooperazione internazionale: tutte le organizzazioni coinvolte nel monitoraggio hanno dichiarato un calo. Non si discosta il valore negativo delle organizzazioni che si occupano di emarginazione assistenza e ricerca: il 91 per cento registra una contrazione insieme a quelle che si occupano di salute sanità e ricerca (89 per cento).
L’unico settore che registra un segno positivo è quello delle raccolte fondi in ambito sanitario, ospedaliero e in aiuto alla comunità di riferimento, come quelle messe in campo dalle fondazioni di comunità a favore di ospedali o a potenziamento di servizi di assistenza domiciliare per le persone più fragili del proprio territorio, come dimostrano anche i numeri di una nuova indagine di Doxa illustrata durante la conferenza stampa.
“I dati dimostrano anche che il terzo settore è capace di cambiamenti in corsa – aggiunge Cinzia Di Stasio, segretario generale IID -: molte organizzazioni, pur di non chiudere il servizio offerto ai beneficiari, hanno trasformato la propria azione sul campo trasferendola online per stare comunque vicino ai beneficiari della propria attività (24%); un 20% ha portato avanti i servizi offerti, seppur soffrendo difficoltà economiche e organizzative. Solo il 7% dichiara di aver dovuto sospendere completamente il servizio”.
Un terzo settore dinamico e capace di adattarsi alle nuove emergenze – spiega Stefano Tabò, presidente dell’Istituto – è un elemento fondamentale del welfare nazionale. L’impoverimento progressivo del welfare diventa un boomerang soprattutto in questi particolari momenti di difficoltà. Solo una collaborazione solida e basata sulla fiducia con il terzo settore può essere la chiave di volta per la risoluzione più veloce delle nuove emergenze. La sfida è il rafforzamento del settore, sia in termini economici ma ancora di più in termini di consapevolezza del ruolo strategico che oggi ricopre”.
Ci siamo reinventati – aggiunge Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del terzo settore – ma arriveremo alla fine di questa crisi con i “serbatoi vuoti”. Occorre un intervento delle istituzioni con misure ad hoc per il terzo settore. Il rischio è che quando questa fase finirà forse avremo più volontari ma meno organizzazioni capaci di rendere efficiente l’impatto delle attività sui territori come invece hanno dimostrato finora.
“ll dono del tempo per gli altri dei volontari e del volontariato non si è fermato – ricorda Ivan Nissoli, consigliere CSVnet. E non si sono fermati nemmeno i Csv che hanno saputo rimodulare le attività oltre a mettere in campo nuove strategie per mettere insieme soggetti diversi per lo sviluppo delle comunità”.
La presentazione dei dati rientra nella campagna di sensibilizzazione lanciata da IID a metà marzo per raccontare come il settore sta reagendo, anche innovandosi nelle modalità di rapporto sia con i beneficiari che con i volontari.
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