L'Alveare lancia un grido di dolore

Anche in Calabria possono farsi grandi cose. In Calabria c’è una sorta di “Hotel a 5 stelle” – il progetto di inclusione sociale di ragazzi con disabilità che è diventato un programma televisivo – che si chiama “L’Alveare”. Una realtà associativa che è nata in punta di piedi nel ’99 grazie alla perseveranza di un gruppo di genitori coraggiosi, e che ora è diventata esemplare per quanti credono che il futuro di ragazzi con difficoltà intellettive possa essere rimesso direttamente nelle loro mani.
Ma la conferenza stampa che l’associazione ha tenuto mercoledì in Provincia, con l’intervento dei fondatori Nino Dell’Acqua, Guglielmo Merazzi, Antonio Tallarico e Mario Caccavari e di alcuni degli stessi ragazzi per i quali l’associazione è nata, non è stata organizzata per presentare gli straordinari passi avanti compiuti fino ad oggi in termini di acquisizione di abilità e di raggiungimento della piena autonomia, ma per lanciare un grido di dolore.

L’ennesimo furto portato a segno qualche giorno fa (il terzo in un anno) all’interno della struttura in località Fieri a Belcastro, che l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro ha dato in comodato d’uso gratuito all’associazione, ha gettato un po’ tutti nello sconforto, i ragazzi per primi. Non si pensava certo che ai furti di verdure e galline potessero seguire atti di danneggiamento veri e propri in alcuni locali di cui l’immensa struttura per anni abbandonata si compone, e che con tanti sacrifici sono stati oggetto di opere di ristrutturazione. Né si sarebbe mai potuto immaginare che chi avesse già preso di mira il computer, con la perdita definitiva dei dati, potesse tornare a rubare attrezzature per la campagna, tra cui la motosega, per giunta acquistata per tre volte. La conseguenza è solo una: i lavori di piantumazione degli ortaggi stagionali sono bloccati, la potatura degli alberi rimandata a data da destinarsi, ed il morale dei ragazzi e dei volontari completamente a terra.

“Facciamo appello alla solidarietà delle istituzioni e del mondo del volontariato per continuare ad operare – ha dichiarato Dell’Acqua ai giornalisti ed ai rappresentanti delle forze dell’ordine (sedeva in platea il maresciallo della stazione di Belcastro, Michele Caggiano) e delle associazioni presenti, tra cui Piero Romeo di “Un raggio di sole” e Luigi Cuomo dell’Anmil – Ma il tempo è nostro nemico: noi genitori siamo spronati a fare di tutto affinché, con l’apprendimento dei rudimenti necessari per la coltivazione biologica, i nostri ragazzi si assicurino un futuro anche “dopo di noi”. E’ una solidarietà soprattutto “materiale” quella che i fondatori dell’associazione chiedono a quanti desiderino contribuire alla prosecuzione de L’Alveare, che da semplice associazione di volontariato qual è non è nelle condizioni di ricomprare di volta in volta attrezzi costosi e di riparare vetri rotti, porte divelte e buchi nei muri.

Dal canto loro, sia l’Amministrazione Provinciale, rappresentata dal presidente Enzo Bruno, sia il sindaco di Belcastro, Severino Ciacci, hanno preso atto dell’attività de L’Alveare che non può lasciare indifferenti, e che proprio per questo necessita di aiuti concreti, sia in termini di acquisto di attrezzature che di sistemi di videosorveglianza. L’impegno che Bruno si è assunto, comunque, è stato quello di far visita alla struttura in breve termine per decidere il da farsi. Ed anche da parte del presidente del Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro, Mario Cortese (era altresì presente il direttore Stefano Morena), non poteva che venire lo sprone a continuare, nonostante le mortificazioni subite, sulla base di un rapporto anche affettivo che lega il CSV e l’associazione fin dagli albori.

Le conclusioni dal tono accorato che la moderatrice della conferenza, Benedetta Garofalo, ha lasciato a Guglielmo Merazzi, hanno fatto leva sull’imprescindibile valore sociale che il progetto di coltivazione biologica – e che va di pari passo all’attività teatrale che i ragazzi seguono con il medesimo interesse – ha in termini di ricaduta sociale ed anche economica in un territorio che altrimenti andrebbe in rovina.

Quel che è certo è che L’Alveare non vuole arrendersi alla prepotenza di ignoti malintenzionati. Ma ha bisogno di fare rumore per fare capire ai vari attori della società civile quanto sia importante investire su un progetto di crescita e di inclusione sociale così ambizioso, e che proprio per questo non ha uguali nella nostra regione.

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